Creavo un legame con le mie nuove abitudini, le nuove persone che entravano nella mia vita, con quello al quale i miei occhi si erano abituati, esperienze, emozioni. Rifiutavo di vedermi in qualsiasi altro paese al mondo che non fosse quello in quel momento, dove credevo di aver trovato la mia stabilità, la mia dimensione.
Perché dovrei cambiare se sto così bene così dove sono? Il cambiamento spesso significa incertezza, ed è qui che entrava la paura. Non volevo perdere le mie nuove ancore di sicurezza. Eppure alla fine ho sempre cambiato. I cicli si sono sempre chiusi, ovviamente con grandi dispiaceri e difficoltà nell’accettare, ma è proprio questo che ha permesso che se ne aprissero di nuovi, nonostante molte volte mai avrei immaginato si potessero aprire.
Il cambiamento può essere percepito dalla nostra mente come un’incognita, quindi un pericolo, fino a quando non lo si vive a pieno (in modo programmato, intelligente e con un pizzico di follia).
Ma il cambiamento non deve essere per forza così radicale come quello di trasferirsi dall’altra parte del mondo o compiere gesti estremi. Ci sono cambiamenti quotidiani, più e meno semplici da gestire, legati alla nostra sfera emotiva, alle nostre convinzioni e routine di tutti i giorni che se vissuti, compresi e accettati a pieno sono in grado di dare una svolta inimmaginabile alla nostra vita.